Sono stati redatti nuovi studi, in favore di una revisione dei programmi governativi sui cambiamenti climatici, che tentano di mettere in evidenza il contributo dei biocombustibili alla crisi del cibo.
Secondo un gruppo di esperti presieduto da Ed Gallagher, presidente dell'Agenzia per i combustibili rinnovabili, sono necessari maggiori studi per calcolare l'impatto dei biocombustibili sull'utilizzo dei terreni e sulla produzione di cibo, prima di porre degli obiettivi per il loro impiego nel campo dei trasporti. Attualmente tali obiettivi prevedono che benzina e diesel debbano contenere il 10% di biocombustibili entro il 2020 nell'Unione Europea. Il rapporto Gallagher propone che tali valori vengano riconsiderati.
Secondo un rapporto confidenziale di Banca Mondiale, ottenuto da The Guardian, i biocombustibili hanno contributo alla crescita dei prezzi del cibo per il 75%.
I prezzi esaminati da tale studio (redatto dall'economista Don Mitchell) sono cresciuti del 140% dal 2002 al febbraio 2008: questa crescita è stata causata dalll'aumento dei prezzi del petrolio e dei fertilizzanti (15%) e dalla conversione dei terreni alla produzione di biocombustibili (75%).
Circa un terzo del mais USA viene ora impiegato per la produzione di etanolo, mentre la metà degli oli vegetali dell'Unione Europea per quella del biodiesel.
Gli agricoltori sarebbero stati incoraggiati a destinare parte dei terreni alla produzione dei biocombustibili. La speculazione finanziaria avrebbe ulteriormente aggravato i prezzi.
Qualcuno sta anche cominciando a mettere in discussione l'efficacia dell'uso dei biocombustibili nella riduzione dell'impatto sull'ambiente.
sabato 5 luglio 2008
Biocombustibili in retromarcia?
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